C’è qualcosa di noi
che rimanga oltre la morte? qualcosa delle nostre scelte, delle nostre
realizzazioni che possa essere considerato eterno? La domanda ci sale dal cuore
tutte le volte che muore una persona che conosciamo o amiamo o stimiamo. L’uomo
è per sua natura un creatore di pensieri, di decisioni, di azioni; egli vive
sogni, paure, attese; attorno a lui si forma e cresce un mondo ricchissimo di
relazioni, di gesti, di parole; ebbene, di tutto questo complesso vario e
ammirevole che costituisce la nostra vita, rimane qualcosa? O tutto è destinato
ad essere corroso e divorato dal tempo? Vita e morte si affrontano ogni giorno
in un duello che sembra non avere tregua: c’è, ci sarà un vincitore?
Il
dottor Camadini ha vissuto un’esistenza straordinariamente attiva, impegnata.
Verso di lui Brescia e in particolare la Chiesa bresciana hanno un grande
debito di riconoscenza per quanto egli ha fatto: sono numerose le istituzioni
che lo hanno visto attore e protagonista nel campo dell’educazione,
dell’informazione, dell’editoria, dell’economia, del diritto. La memoria di Paolo
VI, il nostro Papa bresciano, gli deve molto per l’impegno serio di studio e di
ricerca che da lui è stato promosso. Il dottor Camadini apparteneva a quella
straordinaria tradizione di laicato cristiano che proviene dalla Valle
Camonica, che tanta importanza ha avuto in passato e tanta continua ad averne
oggi. Toccherà ad altri a tracciare con precisione il profilo completo della
sua vita e della sua molteplice attività. Noi, qui, vogliamo semplicemente
benedire il Signore per quanto di buono ci ha donato attraverso il servizio di
questo nostro fratello nella fede e riconsegnare la sua vita al Signore con
fiducia e speranza piena.
Nella liturgia della parola ci è stato donato
un annuncio ricco di speranza: “Le anime dei giusti – dice – sono nella mani di
Dio… in cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha
provati… li ha saggiati… li ha graditi come l’offerta di un olocausto.” La
vita, dice il libro della Sapienza, porta con sé una inevitabile dose di
fatica, di pena; ma è una pena relativamente breve, che ha presto un termine e
che sfocia nel mistero infinito di Dio e della sua pace. La condizione perchè
questo passaggio avvenga è che l’esistenza dell’uomo possa essere presentata a
Dio come un’esistenza provata, saggiata, gradita a Lui. Ma può la nostra povera
esistenza, con tutte le sue opacità e le sue debolezze, essere gradita a Dio –
a quel Dio così puro che i suoi occhi non possono sopportare il male? Chi può
presumere di essere giusto agli occhi del Santo? Saremmo condannati alla
tristezza e alla rassegnazione se Dio stesso non ci venisse incontro con
l’abbondanza della sua misericordia: “La speranza, ha insegnato san Paolo, non
delude, perché l’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci è stato dato.”
Se fossimo lasciati a noi stessi, la
speranza potrebbe avere al massimo la lunghezza della nostra vita: alcuni anni,
sempre troppo pochi. Ma l’amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori, ha
umiliato il nostro orgoglio, ha purificato il nostro egoismo e ha dato forma
dentro di noi a nuovi pensieri e desideri di bene, ha guidato le nostre scelte
ponendo in esse, come motivazione, un amore senza ipocrisia: su questo amore di
Dio per noi poniamo la nostra sicurezza. Quando ancora eravamo peccatori,
quindi senza alcun merito, Cristo è morto per noi. Se Dio ha fatto tutto
questo, se si è preso cura di noi fino al punto di donare il suo Figlio
Unigenito, certo non lo ha fatto per poi abbandonarci a noi stessi e alla
morte; se ci ha raccolti dentro al suo amore è perché egli vuole renderci
partecipi della sua gioia. Le benedizioni del Signore non sono finite, non si
estinguono col passare inesorabile del tempo; si rinnovano invece ogni mattina.
E se il Signore ha benedetto la vita di questo nostro fratello, Giuseppe, anche
ora che abbiamo davanti a noi il suo corpo senza vita continuiamo a credere che
la benevolenza del Signore per lui continui; che il Signore lo accolga come
servo buono e fedele. “Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i
fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono
per i suoi eletti.” Il disegno di Dio sul mondo e sulla storia, il senso della
vita e della morte, la speranza che va oltre la morte sono misteri che si
aprono a chi li accosta con rispetto e amore, a chi pone un atto originario,
libero, gratuito di fiducia nei confronti della realtà e di Dio
creatore.
L’esistenza cristiana è esistenza nel mondo, fatta di lavoro e
di fatica, di amore e di lotta, di progetti, speranze e delusioni, come
l’esistenza di ogni uomo; ma l’esistenza cristiana è, nello stesso tempo,
esistenza in Cristo, fatta di vangelo e di eucaristia, di fedeltà e di amore
fraterno - una vita perciò che ci viene da Dio e tende a Dio. Se uno è davvero
cristiano, il criterio supremo delle sue scelte non è il successo nel mondo, ma
la conformità al vangelo, cioè alla parola di Gesù. Nella misura in cui
l’esistenza cristiana viene da Dio e non si spiega col desiderio di ottenere
ricchezza e gloria nel mondo, nella medesima misura la morte non riesce ad
afferrarla e ad appropriarsene del tutto. Quello che c’è in noi di obbedienza
al vangelo, di conformità a Gesù Cristo, di apertura a Dio, tutto questo sfugge
alla presa della morte e ha già in sé il sapore dell’eternità.
Nel momento in
cui presentiamo Giuseppe Camadini al Signore, contiamo esattamente su questo.
L’elenco delle cose che egli ha fatto è impressionante, ma non è ciò che più
conta. Conta il cuore di credente che egli è stato: conta il suo amore senza
riserve verso la Chiesa, la sua devozione al papa e al vescovo – chiunque egli
fosse – soprattutto conta la sua fedeltà umile ai gesti semplici della vita
cristiana: la preghiera del mattino e della sera, il catechismo, la Messa
insieme a tutti, la comunione, i sacramenti. La vita cristiana è fatta dei
banchi di Chiesa dove il ricco e il povero stanno gomito a gomito e pregano
insieme; è fatta del confessionale dove tutti, piccoli e grandi, si
inginocchiano per ricevere l’identica misericordia di Dio; è fatta del segno di
pace sincero che si scambia con il vicino, forse nemmeno conosciuto. Qui il
cristiano impara l’umiltà e il rispetto per tutti i fratelli.
Di questo
stile limpido di vita cristiana posso dare testimonianza a favore del dott.
Camadini. È stata una persona amata e rispettata, ma anche avversato e
discusso: è il destino di tutti quelli che hanno responsabilità importanti e
che non possono illudersi di poter piacere a tutti. Ma anche chi valutava le
cose in modo diverso da lui doveva riconoscere il suo disinteresse, la sua
dedizione al bene, alla Chiesa.
Per quanto mi riguarda, quello che ricordo con
maggiore tenerezza sono alcuni suoi atteggiamenti di semplicità, come di
bambino. Probabilmente questo apparirà strano a chi ha conosciuto solo il
Camadini pubblico, quello dei Consigli di Amministrazione e delle decisioni
ferme; ma, incontrandolo da vicino, c’erano momenti belli, in cui la commozione
prevaleva e in cui il cuore si apriva a un sorriso limpido, senza difese.
Momenti di semplicità che sono nello stesso tempo momenti di verità. Anche per
questi momenti mi sento di affidare Giuseppe alla bontà e alla misericordia del
Signore.
Scrive sant’Agostino al termine delle sue Confessioni: “Noi ora
siamo mossi a fare il bene, dopo che il nostro cuore è stato rigenerato dal tuo
Spirito…. Alcune nostre opere possono essere buone per i tuoi doni, ma non sono
per sempre. Eppure dopo di esse speriamo di riposare nella tua immensa santità.
Tu, Bontà a cui nessun bene manca, riposi eternamente, perché tu stesso sei il
riposo… A te chiediamo, in te cerchiamo, a te bussiamo: così, così otterremo,
così troveremo, così ci sarà aperto.” A pochi accade di morire con la
consapevolezza di aver portato a perfetto compimento la loro opera; nella
maggior parte dei casi la morte interrompe i nostri progetti e l’arco della
vita sembra rimanere spezzato, incompleto. Ma tutto questo non deve produrre in
noi avvilimento e malinconia; è piuttosto motivo di appello a Dio e di
abbandono in lui. A lui chiediamo che dia fermezza e solidità a quanto abbiamo
compiuto; che porti a completezza quello che noi lasciamo imperfetto. Il
Signore porti a compimento l’esistenza di questo nostro fratello e la sigilli
col segno consolante della sua grazia. Noi ci fidiamo delle sue parole quando
ci dice: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Vado a prepararvi un
posto…. Verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche
voi” Sono parole pronunciate durante l’ultima cena, quando i discepoli stavano
per scontrarsi con l’apparente fallimento dell’opera di Gesù: prima che Gesù
avesse potuto conquistare qualsiasi obiettivo, quando tutto era ancora incerto,
la morte sembrava celebrare una vittoria piena. “Abbiate fede in Dio e abbiate
fede anche in me.” Ci aggrappiamo a queste parole nel momento in cui
consegniamo a Cristo la vita del dott. Camadini e mentre riprendiamo il cammino
tra la consolazioni dello spirito e le tribolazioni del mondo teniamo davanti a
noi l’immagine chiara della meta: “Del luogo dove io vado voi conoscete la via…
Io sono la via, la verità, la vita.”
lunedì 30 luglio 2012
martedì 24 luglio 2012
CAMALDOLI 2012
Si aprono le Settimane Teologiche di Camaldoli | ![]() | ![]() | ![]() |
domenica 22 luglio 2012 | |
Si è aperta oggi a Camaldoli la I Settimana Teologica della FUCI, dal titolo “Se fosse un profeta”? (Lc 7, 39) Profezia e testimonianza cristiana oggi, che si protrarrà fino a sabato 28 luglio sul tema della profezia e della testimonianza. Guideranno le riflessioni sul tema Luciano Manicardi, monaco e vice Priore della Comunità di Bose e Benedetta Zorzi, benedettina e docente di filosofia e teologia. La II Settimana, dal titolo "Nelle parole la Parola". Cristianesimo e culrtura contemporanea, si svolgerà tra il 29 luglio e il 4 agosto.
COMUNICATO STAMPA
I Settimana Teologica della FUCI: profezia e testimonianza Si è aperta oggi la I Settimana Teologica a Camaldoli della FUCI, dal titolo “Se fosse un profeta”? (Lc 7, 39) Profezia e testimonianza cristiana oggi, che si protrarrà fino a sabato 28 luglio sul tema della profezia e della testimonianza. Guideranno le riflessioni sul tema Luciano Manicardi, monaco e vice Priore della Comunità di Bose e Benedetta Zorzi, benedettina e docente di filosofia e teologia. Dal 29 luglio al 4 agosto si svolgerà invece la II Settimana dal titolo“Nelle parole la Parola” Cristianesimo e cultura contemporanea. La Settimana vedrà affiancarsi alle lezioni dei relatori, laboratori di approfondimento e momenti di formazione federativa. Il tutto inserito all’interno dei ritmi e dei tempi della comunità monastica camaldolese. Numerosi gli studenti provenienti da tutta Italia che anche quest’anno parteciperanno alle Settimane di studio e riflessione e che hanno scelto di trascorrere il loro tempo in questo luogo significativo. «Le due Settimane Teologiche, appuntamento di lunga tradizione – affermano i Presidenti Nazionali Francesca Simeoni e Stefano Nannini – che ereditiamo dagli anni in cui G.B Montini era Assistente centrale della FUCI, mantengono una valenza ancora attuale. Esse sono il segno di giovani che desiderano impegnarsi, anche d’estate, nel campo sociale, culturale e spirituale, convinti che questo rappresenti un tempo propizio per la propria formazione personale, che produrrà i suoi frutti nelle comunità di appartenenza in un domani vicino». Domani, alle 9.30, si aprirà ufficialmente la Settimana Teologica con la lettura della Relazione introduttiva della Presidenza Nazionale. E’ possibile trovare il programma e i relativi aggiornamenti sul sito nazionale www.fuci.net Camaldoli, 22 luglio 2012
UFFICIO STAMPA FUCI
via della Conciliazione, 1 00193 – Roma Tel. 331.17.77.861 presidenza@fuci.net www.fuci.net |
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