lunedì 17 maggio 2010

Il Sole 24ore su Brescia.

Vi segnalo questo articolo molto interessante.
Bazoli e Cl: come cambia la finanza di rito bresciano

Incontro con Il Sindaco Paroli e il Dott. Del Bono

Mi preme,prima di tutto, sottolineare la disponibilità dei due, che si sono presentati all'incontro nonostante fossero nel mezzo di uno dei consigli comunali più importanti e dibattuti dell'anno.
Entrambi i relatori hanno avuto una formazione politica comune nella democrazia cristiana e furono candidati insieme negli anni novanta in consiglio comunale a Brescia. Dopo avere condiviso esperienze politiche e amministrative si trovano ora fronti opposti.
La domanda che ha dato avvio al dibattito è stata: "Quale dialogo ci può essere tra cattolici appartenenti a schieramenti differenti?"
Nel suo intervento Paroli ha sottolineato il disorientamento provato dai moderati di fronte ad un sistema bipolare come il nostro, caratterizzato da una forte aggressività e un alto livello di conflitto. Oggi la politica, secondo il Sindaco, "persegue il potere per il potere". Vi è quindi la marcata tendenza alla conquista di poltrone fine a se stessa, all'occupazione di ruoli strategici da parte delle forze politiche. I cattolci in ogni caso, sempre secondo Paroli, convergono su determinati temi eticamente sensibili che conivolgono la natura della persona umana.
Del Bono pone la questione del cosa i cattolici dovrebbero fare insieme.
La sua risposta é: "contrastare l'esplosione della comunità."
Cosa significa fare comunità secondo Del Bono?
Significa rispettare i doveri di solidarietà economica, scociale e politica. Stanno infatti emergendo con sempre maggiore forza temi pericolosi: la messa in discussione del valore della tassazione progressiva, uno strisciante individualismo per il quale "io pago solo per me, non per gli altri", la noncuranza nello spreco di risorse naturali e non. I cattolci dovrebbero sempre cercare di costruire la comunità, mai di disgregarla.

L'incontro è stato interessante, pacato, piacevole.

mercoledì 12 maggio 2010

Il Papa sui peccati della chiesa

“[…] Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si sapeva sempre, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa. E che la Chiesa ha quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. […]”

Benedetto XVI, rispondendo ad una domanda riguardo le apparizioni di Fatima.

Vai all'articolo del Corriere

venerdì 7 maggio 2010

La FUCI di Brescia sulla newsletter dell'università

Intervista al presidente della FUCI bresciana

Il gruppo di Brescia sulla stampa locale

FUCI: da oltre cent'anni laboratorio d'idee e di valori

Contributo della FUCI Bresciana alla lettera pastorale del vescovo

Eccellenza, quali giovani cattolici non possiamo fare a meno di interrogarci su quanto sia complesso vivere la fede in questa società. Diciamo complesso, perché quotidianamente, e forse in misura maggiore rispetto ad altri, siamo sottoposti a pressioni ed aspettative contraddittorie, a volte laceranti, che provocano un inevitabile disorientamento. Ci troviamo spesso scossi da venti che soffiano in direzioni divergenti: relativismo e assolutismo, nichilismo ed edonismo. I giovani, tutti i giovani, anche quelli non credenti, sentono nel loro intimo il bisogno di una bussola, di un riferimento forte e rassicurante. Essi aspettano che qualcuno gli dica che loro vita è sensata per il solo fatto che essi esistono, che non sono chiamati per forza alla ricchezza, o alla fama, o al potere, che non sono solo agenti in un mercato. Che essi sono chiamati a realizzarsi come persone, nel modo più bello. Per questo Eccellenza, crediamo che sia urgente una nuova evangelizzazione per i giovani, cioè l'annuncio che qualcosa di diverso non solo è possibile, ma è alla portata. E' necessario a nostro avviso che passi forte una concezione vera dell'uomo, un'antropologia cristiana che, siamo convinti, riuscirà ad affascinarci. Su cosa vale pena di investire nella vita? Quali sono le cose realmente importanti? Quali devono essere i nostri obbiettivi? Sono queste le domande che ci poniamo tutti i giorni, domande a cui il vangelo può dare una risposta. Questa è, secondo noi, la cosa di cui i giovani hanno più bisogno in questo periodo storico privo capisaldi, sostanzialmente povero di ideologie, ma non di ideali. Sappiamo che realizzare tutto questo è una sfida difficile, che noi abbiamo nel nostro piccolo accettato, cercando umilmente di portarla avanti, e pensiamo che una Sua parola a riguardo sarebbe importantissima per noi e per i nostri coetanei.

La fine della vita: un argomento difficile (di Arianna Milone)

Nel corso dell’incontro del gruppo Fuci di mercoledì 13 gennaio 2010 si è discusso un tema di grande attualità, che coinvolge il mondo cattolico, e l’intera dimensione della vita umana, inserita in una idea di cittadinanza che implica una “presa di posizione” intorno ai problemi che riguardano da vicino il singolo e la collettività. Abbiamo voluto individuare nella vicenda di Eluana Englaro il caso emblematico di una esperienza umana che, lungi dal rappresentare un unicum, interessa direttamente molti uomini e molte donne nel nostro paese.

La storia personale di Eluana e il dibattito anche politico suscitato da tale vicenda suggeriscono la necessità di approfondire la conoscenza intorno all’accaduto, una conoscenza che non può prescindere da una lettura dei fatti il più possibile equilibrata, al fine di superare il momento puramente emotivo e il condizionamento ideologico. Emerge infatti l’esigenza di assumere un punto di vista che tenga conto della complessità del problema, il quale non può evidentemente essere ridotto ad una semplificazione assoluta e strumentalizzato attraverso slogan che esprimono giudizi ma impoveriscono la consapevolezza e con essa il senso critico. Risulta difficile definire una modalità di lettura, e un punto di vista che assicuri una certa obiettività nell’analisi del problema, che è legato a ragioni di tipo giuridico- formale e nello stesso tempo riguarda l’uomo e il valore della sua vita. Il rischio di ridurre i termini della questione a puro tecnicismo formale è senza dubbio presente, nell’ambito di una degenerazione culturale che produce un deficit nell’interesse per la vita umana nel suo complesso. È necessario ri-definire un’idea di uomo a partire da una considerazione specifica del significato della sua esistenza nel mondo. Il principio della libertà del singolo può essere considerato in relazione all’interrogativo sulla totale “proprietà” che l’individuo rivendica sulla sua vita. Si tratta di decidere se davvero questa “appartiene” soltanto all’io che decide per se stesso, se essa può o non può inscriversi in un progetto più grande della nostra facoltà di comprenderlo. Restituire dignità alla vita umana in tutte le sue forme significa agire nel rispetto dell’altro, in una prospettiva che esclude il giudizio e la condanna. Lungi dall’essere detentore della verità, il singolo cittadino può muoversi nell’interesse collettivo, affermando il principio secondo cui ciascuno deve poter disporre degli “strumenti” necessari per scegliere e agire consapevolmente, sia nello scorrere della vita, sia nel passaggio tra la vita e la morte. La piena libertà individuale, per essere veramente tale, non può prescindere da una responsabile presa di coscienza, da una riflessione attenta sul valore della vita e sul significato della morte.

Un’esigenza fondamentale, sorta dalla vicenda di Eluana ed emersa anche durante l’incontro, è rappresentata dall’assunzione, da parte dello Stato, di un impianto normativo che regolamenti tali situazioni. È necessaria una legislazione che definisca in termini chiari e precisi i limiti dell’accanimento terapeutico e della libertà individuale di determinare un rifiuto dell’utilizzo di tecnologie atte al proseguimento della vita vegetativa. Una legge non potrebbe comunque avere la pretesa di definire in assoluto condizioni e soluzioni, rispetto a un problema che resta, sostanzialmente, un problema di coscienza, legato a situazioni di sofferenza e di dolore.

In questo senso, l’acceso dibattito che si è scatenato intorno alla vicenda di Eluana e che ancora –a un anno dalla morte della donna- si esprime con un linguaggio che non conosce discrezione né rispetto, dovrebbe spegnersi una volta per tutte, lasciando spazio al silenzio e alla preghiera. Solo così alle urla di condanna si potrà finalmente sostituire un dibattito pubblico tra cittadini sulla necessità di colmare il vuoto legislativo che, nel nostro ordinamento, crea incertezza e non consente di determinare una possibile soluzione del problema; accanto al dibattito che si può sviluppare sulle ragioni giuridiche, sia a livello di parlamento, sia a livello di società civile, è necessario dare vita ad una riflessione attenta e profonda sul valore dell’esistenza umana. L’esperienza del dolore che la connota dimostra la necessità di una condivisione solidale, che si realizza pienamente nell’ascolto dell’altro e nell’amore.